La Notte
The daily LA NOTTE, asked me to supply a probable explanation up what conditions had taken to an accident, on the basis of the poor news known until that moment.
MILANO — il Boeing 747, meglio conosciuto come «Jumbo» per le dimensioni, è un aereo che è stato sempre definito «sicuro», ma gli incidenti, come in effetti è avvenuto, possono accadere.
Nel caso specifico del disastro di Madrid sì parla, secondo testimonianze definite attendibili, dell’incendio di uno dei quattro motori «Pratt & Whitney», che avrebbe causato la caduta e, quindi, la tragedia.
«Che si incendi un motore in volo è un caso abbastanza raro, ma effettivamente può accadere», conferma il comandante Gianni Guiducci, 6.000 ore di volo, pilota di jet, capo-pilota della «GitanAir», il quale ci ha fornito un succinto, ma esauriente elenco delle modalità con cui questi bestioni delle strade del cielo vengono controllati prima del decollo.
«Regolarmente, ogni 100- 200 ore di volo — dice il comandante Guiducci — questi velivoli devono passare controlli seri e meticolosi in base alla tabella che la Casa costruttrice stabilisce al momento dell’entrata in servizio del velivolo.
Sono controlli che praticamente sottopongono l’aereo ad un ’’check-up” completo, dalle strutture portanti a quelle mobili, dai motori agli impianti di sicurezza, di controllo, di trasmissione».
«Ogni giorno però, anzi, prima di ogni decollo — prosegue il comandante vengono effettuati altri controlli, in base alla ”check-list” quotidiana, sia dal personale a terra, sia da quello a bordo. Questi controlli consistono nella verifica dei motori. ”ad occhio”, per l’integrità delle palette del FAN, del compressore, dell’olio di lubrificazione, del carrello (tubi degli impianti idraulici, dei freni, dei collegamenti elettrici), di tutte le superfici mobili (alettoni e piano di profondità); insomma, un controllo generale di tutto l’apparecchio».
Nel frattempo, non dimentichiamolo, anche il pilota ha nella cabina di guida spie, manometri, comandi e interruttori di cui deve verificare valori, stato di lavoro ed efficienza. Al termine di questa serie di verifiche che, ripetiamo, vengono effettuate prima di ogni volo, il meccanico a terra da l’OK, é il comandante, in base ai suoi strumenti, conferma e decide la partenza.
Va detto, infatti, che l’aereo non parte se tutti gli impianti, proprio in base ai controlli e agli strumenti, non sono efficienti.
«Bisogna riconoscere — dice ancora Guiducci— che il comandante può decidere di partire anche se qualche apparato non essenziale è in avaria: è l’esempio del radar meteorologico, che, pur non funzionante, consente un volo se il cielo è sereno per tutto il percorso di volo».
Ma veniamo alle ipotesi sulle cause che hanno provocato la tragedia madrilena, ipotesi che, per essere confermate o smentite, necessitano di elementi e rilievi che non sono ancora stati ultimati. Ovviamente non si esclude che si sia trattato di un attentato, ma restiamo su quella che, secondo le testimonianze già ricordate, parla dell’incendio di un motore.
Mettiamo ad ipotesi che il velivolo dell’«Avianca» fosse a mille metri di altezza, in fase di avvicinamento all’aeroporto, probabilmente in virata, quindi con un’ala più in basso rispetto all’altra. Se dovesse cedere, cioè incendiarsi il motore più esterno verso il basso, il pilota sarebbe costretto a bloccare l’afflusso di carburante verso quel motore, quindi spegnerlo ed azionare gli estintori.
La mancanza di spinta provocata dalla «chiusura» del motore potrebbe aver generato una maggior effetto di spinta sui due motori dell’ala che si trova in alto: l’effetto sarebbe senz’altro uno sbandamento, si potrebbe arrivare addirittura al «capottamento» del velivolo e alla conseguente caduta verso terra.
Questo potrebbe avvenire anche perchè il velivolo si trova in una delle fasi più critiche del volo, quella dell’avvicinamento e dell’atterraggio: «Su 100 incidenti – conferma Guiducci -circa 15 avvengono in fase di decollo, 10-15 in salita, crociera, inizio discesa, mentre circa 70 nell’avvicinamento, atterraggio ed eventuale riattaccata (la improvvisa risalita in caso di estrema necessità».
In tale fase delicatissima, è anche possibile che i piloti abbiano compiuto un “errore umano”, che non bisogna mai dimenticare o escludere quando accadono tali disgrazie.
Furio Valenti